Libri, copertine e recensioni scritte da chi legge davvero

Se Leggo, Leggo si occupa di recensire libri. Pubblichiamo recensioni su ogni genere di libro da persone che li hanno letti davvero. Scriviamo il nostro parere, i nostri commenti e ovviamente le recensioni piu' obbiettive che possiamo.

Recensioni su romanzi rosa o di fantascienza, libri fantasy, di avventura o di qualsiasi altro genere che uno dei nostri collaboratori abbia letto nell'ultimo periodo. Se volete darci una mano cominciando a scrivere con noi, mandateci una mail e vi faremo sapere al piu' presto.

BUONA LETTURA!

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venerdì 29 ottobre 2010

Storia naturale dei giganti – Ermanno Cavazzoni – Romanzo Fantastico

Nessuno crede più nei giganti, al giorno d'oggi. Sono creature mitiche che si ritrovano nei racconti epici, nelle favole per bambini, o in qualche telefilm di serie B. Come gli gnomi, le fate, i nani, i giganti fanno parte di un universo magico e fiabesco, ma si sa veramente poco di loro. Ermanno Cavazzoni ha deciso di scriverci un libro sui giganti, per parlare di questa “razza” forse eccessivamente sottovalutata.

Dei giganti si parla brevemente perfino nella Bibbia, in effetti gli uomini dell'antichità credevano nell'esistenza di queste mitiche creature, giganteschi uomini dalle abitudini spesso al limite dell'animalesco e con una educazione approssimativa. Dei giganti si parla anche in moltissime opere letterarie, soprattuto nei così detti “Poemi Cavallereschi”, nei nostri Ariosto e Pulci ad esempio.

Ermanno Cavazzoni scrive una storia naturale dei giganti, prendendo come riferimento proprio le opere letterarie dove di loro si parla, descrivendo l'evoluzione e la decadenza di questa specie, dovuta soprattutto alla loro incapacità ed ignoranza in ambito sessuale. Dai giganti più rudi a quelli più istruiti, che viaggiavano insieme ai cavalieri, si fa una rassegna di queste insolite creature, così minacciose e imponenti eppur così comiche; se ne studia il linguaggio, l'alimentazione, la società e, appunto, l'accoppiamento.

Alla storia dei giganti si intreccia la storia del narratore(alter- ego dell'autore del libro), che deve affrontare la vita da scrittore e studioso, una insolita tresca amorosa e un incontro con uno strano gruppo di uomini, che ha come obbiettivo politico il far sbarcare sul nostro pianeta gli extraterrestri; perchè gli uomini hanno sempre guardato il cielo alla ricerca dei marziani, forse proprio sperando che fossero loro a ristabilire una giustizia universale ormai smarrita.

Un romanzo insolito, originale e pieno di ironia riesce nel suo compito di far ridere ma anche di appassionare il lettore, che finisce per affezionarsi al narratore come ai giganti, entrambi specie in via di estinzione, non più adatti al mondo in cui si trovano. Dalla passione per i poemi epici di un grande scrittore italiano nasce una storia che non si prende mai sul serio, di una leggerezza e di una bellezza come non se ne vedono più, nella letteratura di oggi.

Scritto da: Andrea Gaetani

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martedì 26 ottobre 2010

Il Gabbiano Jonathan Livingston - Richard Bach – Romanzo Breve

In questo libro così piccolo nelle dimensioni è racchiusa una delle storie più conosciute della letteratura: la storia del gabbiano Jonathan Livingston. Jonathan è un gabbiano_livingstone gabbiano a cui piace volare, adora questa capacità di volare che gli è stata donata e decide di svilupparla al meglio. Nei suoi voli lunghi e pieni di difficoltà, Jonathan si allontana spesso dal suo stormo: i gabbiani non sono uccelli esperti nel volo, sono uccelli di mare, cercano semplicemente di sopravvivere.

Jonathan viene scacciato via dal suo stormo, la sua voglia di libertà non coincide con le idee dei suoi compagni; così finirà per vagare da solo per mare, completamente libero. Per anni si eserciterà nel volo e la sua passione lo porterà a raggiungere, dopo la sua morte, uno stadio successivo, arrivando infine nel “Paradiso dei Gabbiani”.

I gabbiani del paradiso non sono come gli altri gabbiani che aveva conosciuto, sono diversi, sorprendentemente candidi e capaci di prodezze nel volo che Jonathan non aveva mai visto prima. Il suo maestro ed amico Sullivan gli spiegherà che quello non era che un altro stadio dell'esistenza e che la perfezione che Jonathan sperava di raggiungere l'avrebbe conquistata continuando a perfezionarsi, salendo di piano in piano.

In questa favola scritta da Richard Bach, la voglia di libertà e la determinazione di un gabbiano diventano simbolo di un individualismo necessario ad ogni uomo per essere sé stesso e per sentirsi veramente libero. Con la semplicità di un racconto per ragazzi questo libro riesce a toccare chiunque lo legga con le sue parole, così semplici eppure così toccanti. Anche un adulto, un qualsiasi adulto, sarà colpito dalla lettura di questo libricino diventato un “cult” della letteratura contemporanea.

“Il gabbiano Jonathan Livingston” è un libro che si rilegge volentieri nel corso della propria vita, un libro che diventa quasi necessario in alcuni momenti, per ricordare quanto sia difficile eppur gratificante la sensazione di sentirsi liberi, per ricordare che “Ciascuno di noi è, in verità, un immagine del grande gabbiano, un'infinita idea di libertà, senza limiti”.

Scritto da: Andrea Gaetani

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Maus – Art Spiegelman - Graphic Novel

Maus – Art Spiegelman – Graphic Novel

Maus è un'opera ideata, scritta e illustrata da Art Spiegelman, un fumettista e illustratore americano con origini ebree. Non è un romanzo, è bensì una graphic novel, chiamarlo “fumetto” sarebbe riduttivo. Maus è infatti il libro che ha sdoganato la maus_spiegelmancosiddetta “settima arte”, cioè il fumetto, facendolo diventare a tutti gli effetti un vero e proprio genere letterario.

La storia si svolge tutta intorno al rapporto fra Artie(l'alter-ego di Spiegelman) e il padre Vladek: Artie cercherà di ricucire il rapporto col suo anziano padre facendosi raccontare le vicende che egli aveva vissuto durante gli anni del secondo conflitto mondiale, quando venne deportato ad Auschwitz.

La straordinaria storia di un ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento diventa illustrata, un fumetto che si presenta come un vero e proprio romanzo, che riesce a creare un suo linguaggio e una sua simbologia del tutto particolare. Spiegelman decide allegoricamente di rappresentare nella sua opera gli ebrei come dei topi, i tedeschi come gatti, i polacchi come maiali. Questa scelta fa della storia una sorta di “favola” nella quale Artie si sforza per ricreare fedelmente attraverso i suoi disegni la terribile esperienza di suo padre e di tutti gli ebrei perseguitati dai nazisti, cercando anche di esorcizzare quello che è il senso di colpa comune alle generazioni successive all'olocausto, una colpa che nasce dal non aver vissuto quelle sofferenze sulla propria pelle, una sorta di eterna gratitudine dovuta alla generazione precedente, una gratitudine che pesa come un macigno.

Artie è Art Spiegelman, in tutto e per tutto, la storia si divide tra le scene della vita di Vladek da giovane e le vicende che Artie vive nel presente con Vladek da anziano, le difficoltà nate fra di loro e la distanza e la freddezza che è sempre stata parte del loro rapporto padre/figlio.

Leggendo Maus si legge un'opera quasi irripetibile, originalissima, un qualcosa di veramente innovativo; non avete mai letto qualcosa del genere. La potenza evocata dalle illustrazioni essenziali in bianco e nero di Spiegelman è prorompente e riesce a coinvolgere il lettore già dopo poche pagine. Come scrisse Umberto Eco a proposito di Maus: “...è una storia stupenda. Ti prende e non ti lascia più”.

Scritto da: Andrea Gaetani

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mercoledì 20 ottobre 2010

Siddharta – Herman Hesse - Romanzo

Siddharta – Herman Hesse

La storia di una vita, la vita di un ragazzo indiano, di un ragazzo che sente dentro di sé quel moto interiore che non ha nome, che apparentemente non ha ragioni, ma che si realizza soltanto nella voglia di cercare, cercare un senso, trovare un posto per sé stessi, capire chi si è veramente: questo è Siddharta.

Siddharta è “uno che cerca”, e la sua ricerca si evolve nei modi più inaspettati, in un susseguirsi di rivelazioni, di decisioni difficili, di strade da percorrere. Partendo dalla sua casa natìa, Siddharta si avventura alla scoperta del mondo e di se stesso, diventando un'asceta, seguendo poi le orme dell'illuminato Buddha Gotama, arrivando a vivere in una grande città, scoprendo infine i segreti che un fiume serbava per lui.

E' un romanzo breve, scritto in modo aureo e sensuale, capace di trasportare il lettore grazie alle sue parole così leggiadre eppure così cariche di significato. Il narratore segue le avventure di Siddharta, ne interpreta le riflessioni e ne riporta le massime; la vita del giovane diventa quella di un uomo, che è riuscito a vivere sulla propria pelle la stessa ricerca che metteva in atto, capendo in fondo che nella ricerca di un senso alla vita è nella ricerca stessa che si nasconde il senso.

Alla fine della sua ricerca, grazie agli insegnamenti di Vasudeva, Siddharta scoprirà l'importanza della semplicità dell'esistenza e i suoi segreti più profondi.

Questo libro è stato un monito per tante generazioni di giovani, che hanno trovato nelle parole di Hesse un insegnamento sulla vita, ma anche uno specchio delle proprie inquietudini. E' un libro che induce alla riflessione, induce all'autoanalisi, che magari porterà qualcuno a fare “il punto” sulla propria esistenza, e questo non può essere che una cosa positiva, in periodi come questi dove per la riflessione c'è sempre troppo poco spazio.

Ma la ricerca resta il tema fondamentale del libro e Hesse descrive benissimo quale sia per Siddharta l'idea del “cercare” in un passo del suo racconto:

- "Quando qualcuno cerca," rispose Siddharta, "allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: esser libero, restare aperto, non aver scopo. -

Scritto da: Andrea Gaetani

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lunedì 18 ottobre 2010

Pulp – Charles Bukowski - Romanzo

Pulp – Charles Bukowski – Romanzo

“Figlio di puttana, l'uomo è nato per conquistare a fatica ogni centimetro di terreno. Nato per lottare, nato per morire. “

Questo è un libro di Charles Bukowski, non è un libro qualunque, non è come i libri che siete abituati a leggere di solito.

E' un breve romanzo, per le dimensioni potrebbe anche essere catalogato come “short story”: è la storia di un detective di Los Angeles, Nick Belane, “il più dritto detective di Los Angeles”, per essere precisi. Belane ha tre matrimoni alle spalle, un problema serio con l'alcol e un carattere non proprio stupendo. Si trova per le mani uno strano caso: una signora, chiamata “signora Morte”, lo incaricherà di cercare il vecchio scrittore francese Céline.

Una serie di eventi surreali si susseguiranno nella vita di Belane, stravolgendola, una vita piena di rimpianti e di autocommiserazione, mettendo il vecchio detective in situazioni pericolose al limite dell'assurdo.

Bukowski ci mette molto di sé stesso nel protagonista, perdendosi nel corso della narrazione in sproloqui, monologhi e riflessioni sulla morte, sulla condizione umana, sul sesso, sempre attraverso la sua visione cinica del mondo, cinica e terribilmente brutale.

La scrittura spazia dal sublime al linguaggio da strada, insulti e parole “sporche” non si risparmiano, ma è lo stile dell'autore, il suo linguaggio è così sporco perchè così radicato alla vita comune, alla vita da operaio, alla dura vita di chi ogni giorno combatte per sopravvivere, ma non ha ben chiaro il motivo della sua lotta.

La storia ha un'impronta noir tipica dei polizieschi anni '40, ma non si tratta di un giallo, sarebbe riduttivo definirlo così: in questo più che in altri libri di Bukowski si può carpire la filosofia dell'autore, una sorta di “testamento spirituale”, pieno di frasi rivelatrici che puzzano di alcol, di disperazione, ma che non mancano d'ironia.

E' un libro che divide, sicuramente il linguaggio crudo potrebbe fermare molti lettori, convinti di leggere magari i deliri di un vecchio pazzo (e in effetti è così, in parte). Ma credo sia uno dei libri più originali e avvincenti che io abbia mai letto, una storia surreale ma che fa riflettere, divertente e allo stesso tempo così profondamente triste, che gocciola vita vissuta come solo le grandi storie possono fare, insomma,un capolavoro.

Scritto da: Andrea Gaetani

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giovedì 14 ottobre 2010

Mattatoio n° 5 – Kurt Vonnegut – Romanzo di Fantascienza

Mattatoio n° 5 – Kurt Vonnegut – Romanzo di Fantascienza

Billy Pilgrim è un americano benestante, è sposato ed ha una vita tranquilla. E' unmattatoio5 uomo come tanti, non fosse per il fatto che è capace di spostarsi da una dimensione temporale all'altra. Sì, perchè come i più informati sapranno, il tempo non scorre in linea retta, non scorre in una direzione sola, le cose non sono così semplici.

“Billy è andato a dormire che era un vedovo rimbambito e si è risvegliato il giorno delle sue nozze. Ha varcato una soglia nel 1955 ed è uscito da un'altra nel 1941. È tornato indietro da quella porta e si è ritrovato nel 1963. Ha visto molte volte la propria nascita e la propria morte, dice, e rivive di tanto in tanto tutti i fatti accaduti nel frattempo.“

Billy ne ha passate tante in vita sua, per esempio è stato a Trafamaldore, un pianeta in cui qualunque abitante è in grado di saltare da un punto all'altro della sua esistenza, senza dover per forza vivere “in una direzione sola”. Però Billy è stato anche testimone, durante il suo servizio nell'esercito, di una delle pagine più nere della seconda guerra mondiale: il bombardamento di Dresda da parte degli Alleati.

Anche Kurt Vonnegut, l'autore del libro, è stato testimone di quel terribile bombardamento e ha deciso di raccontare la sua terribile storia con un romanzo fantascientifico, carico di elementi comici, humor nero e una nota di tristezza che accompagnano tutto il libro.

Riso e amaro, comico e tragico si mescolano in questa storia, grazie alla comicità paradossale, al talento e alla fantasia di uno degli scrittori più famosi degli Stati Uniti, un dissidente per antonomasia, uno che “non le manda certo a dire”, a nessuno.

Scritto da: Andrea Gaetani

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martedì 12 ottobre 2010

Cattedrale - Raymond Carver – Raccolta di racconti

Cattedrale – Raymond Carver – Raccolta di racconti

Dodici racconti compongono quest'opera scritta da Raymond Carver, racconti che parlano della vita degli uomini “comuni”, la loro routine di tutti i giorni, quelle piccole cose che Carver amava tanto osservare e raccontare. Raymond Carver è uno degli carver-cattedralescrittori più importanti della letteratura americana contemporanea, un uomo che è partito dal nulla, riconosciuto poi come il capostipite del “minimalismo” letterario.

Lo scrittore vive l'America del dopoguerra, l'America grigia e alienante dei sobborghi, vive facendo i lavori più disparati e coltivando solo nel tempo libero(perlomeno all'inizio) la sua abilità di scrittore, attraverso dei corsi di scrittura creativa, che gli daranno la fiducia e la pazienza che prima gli mancava. Ha seri problemi con l'alcol e con il fumo, quest'ultimo vizio che per lui risulterà poi letale.

Sono ben consapevole che parlare della vita di uno scrittore in una recensione può essere superfluo, ma in questo caso è più che mai necessario per capire da dove viene la bellezza di questo libro. I protagonisti dei racconti di Cattedrale sono degli uomini simili a Carver, degli uomini comuni, dei colletti blu, la cosidetta “working class”, che svolgono delle vite del tutto normali. Dei “buoni diavoli”, come direbbe un altro grande della letteratura statunitense, Charles Bukowski.

Ma l'arte di Carver sta nel raccontare le vite grigie di questi uomini, carpendo però la bellezza, la poesia che può celarsi dietro ad un'esistenza apparentemente insignificante. Nei racconti di Cattedrale, che scorrono piani grazie ad una scrittura concisa e appunto “minimalista”, c'è sempre un evento che sconvolge il tutto, un qualcosa di straordinario, nel bene o nel male.

L'ultimo racconto del libro, il più importante e il più famoso, che dà il nome alla raccolta, parla di un cieco e di come una persona normale possa essere sconvolta, di come la sua intera visione delle cose possa essere contaminata dalla straordinaria sensibilità di un uomo che per la società non è un “normale”, perchè non vedente.

La “tecnica dell'omissione”, l'importanza data a quello che non è scritto, che però risulta più importante rispetto a quello che è espresso esplicitamente, sono gli elementi che fanno di Carver uno scrittore unico nel suo genere. Leggere Carver è come “guardare la realtà dal buco della serratura”, lasciandosi sorprendere da quello che si può scoprire se solo si ha la volontà di guardare.

Scritto da: Andrea Gaetani

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Cattedrale - Raymond Carver – Raccolta di racconti

Cattedrale – Raymond Carver – Raccolta di racconti

Dodici racconti compongono quest'opera scritta da Raymond Carver, racconti che parlano della vita degli uomini “comuni”, la loro routine di tutti i giorni, quelle piccole cose che Carver amava tanto osservare e raccontare. Raymond Carver è uno degli carver-cattedralescrittori più importanti della letteratura americana contemporanea, un uomo che è partito dal nulla, riconosciuto poi come il capostipite del “minimalismo” letterario.

Lo scrittore vive l'America del dopoguerra, l'America grigia e alienante dei sobborghi, vive facendo i lavori più disparati e coltivando solo nel tempo libero(perlomeno all'inizio) la sua abilità di scrittore, attraverso dei corsi di scrittura creativa, che gli daranno la fiducia e la pazienza che prima gli mancava. Ha seri problemi con l'alcol e con il fumo, quest'ultimo vizio che per lui risulterà poi letale.

Sono ben consapevole che parlare della vita di uno scrittore in una recensione può essere superfluo, ma in questo caso è più che mai necessario per capire da dove viene la bellezza di questo libro. I protagonisti dei racconti di Cattedrale sono degli uomini simili a Carver, degli uomini comuni, dei colletti blu, la cosidetta “working class”, che svolgono delle vite del tutto normali. Dei “buoni diavoli”, come direbbe un altro grande della letteratura statunitense, Charles Bukowski.

Ma l'arte di Carver sta nel raccontare le vite grigie di questi uomini, carpendo però la bellezza, la poesia che può celarsi dietro ad un'esistenza apparentemente insignificante. Nei racconti di Cattedrale, che scorrono piani grazie ad una scrittura concisa e appunto “minimalista”, c'è sempre un evento che sconvolge il tutto, un qualcosa di straordinario, nel bene o nel male.

L'ultimo racconto del libro, il più importante e il più famoso, che dà il nome alla raccolta, parla di un cieco e di come una persona normale possa essere sconvolta, di come la sua intera visione delle cose possa essere contaminata dalla straordinaria sensibilità di un uomo che per la società non è un “normale”, perchè non vedente.

La “tecnica dell'omissione”, l'importanza data a quello che non è scritto, che però risulta più importante rispetto a quello che è espresso esplicitamente, sono gli elementi che fanno di Carver uno scrittore unico nel suo genere. Leggere Carver è come “guardare la realtà dal buco della serratura”, lasciandosi sorprendere da quello che si può scoprire se solo si ha la volontà di guardare.

Scritto da: Andrea Gaetani

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giovedì 7 ottobre 2010

Black Jesus: the anthology - Federico Buffa – Racconti di sport

Black Jesus: the anthology - Federico Buffa - Racconti di sport

Black Jesus the anthology Dalla penna di un "avvocato col bernoccolo del giornalismo" come Federico Buffa, nasce una raccolta di articoli sul mondo del basket americano, molto più che uno sport trasmesso in TV, in alcuni casi una speranza,una possibilità di fuga, un forte elemento di aggregazione per tutti i ragazzi di strada presenti in numerosissime comunità americane.

Il libro trasuda basket, leggendo alcune storie mi è sembrato di essere lì, ad Harlem o a Phila, piuttosto che in una qualche isolata palestra di college in montagna o in un palazzetto, a sentire l'odore del sudore impresso sulla palla a spicchi, o l'acuto rumore delle sneakers che strisciano sul parquet.
C'è un pezzo di storia di basket americano raccontata dal di dentro, con interviste e ricerche approfondite, con sopralluoghi lunghi o brevi a seguire i passi delle leggende che sono state, e quelle che non sono mai state.

La principale virtù dell'autore è quella dell'utilizzo di una prosa scorrevole, alla ricerca del termine particolare, capace di descrivere in modo originale e profondo l'oggetto della narrazione, provocando spesso una risata, ma capace anche di emozionare e commuovere.

Storie di campioni che, persi nei meandri della droga e di una società ghettizzata e malata, non sono mai arrivati"al piano di sopra", nella NBA, il grande pubblico non li ha mai conosciuti.
Buffa ci fa conoscere le storie di Leggende da Playground come quella di Earl"the Goat"Manigault, l'uomo che voleva sedersi sul ferro; la storia di Raymond Lewis, il più grande che non sia mai esistito, l'uomo che faceva piovere.
Leggendo queste storie non ho potuto che emozionarmi, storie che ormai hanno preso la connotazione di Leggende, non perchè non vere, ma perchè divenute quasi sacre negli ambienti in cui si sono svolte.

Non mancano nel libro racconti di giocatori che ce l'hanno fatta partendo dal nulla, di coaches che hanno rivoluzionato il basket con le loro idee, allenando nei college o nell'NBA. Forse l'oggettività del giornalista viene messa da parte spesso nel corso del libro, ma se il risultato è questo, in fondo non ha importanza.

Scritto da: Andrea Gaetani

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lunedì 4 ottobre 2010

Sostiene Pereira - Antonio Tabucchi - Feltrinelli

Sostiene Pereira - Antonio Tabucchi - Feltrinelli

sostiene-pereira-antonio-tabucchi Nel 1938, a qualche mese dallo scoppio della seconda guerra mondiale, fare il giornalista era uno dei lavori più difficili che un uomo potesse fare. Farlo a Lisbona, in Portogallo, nazione affiliata con il generale fascista Franco, proprio mentre si combatteva la guerra civile nella vicina Spagna, era ancor più difficile. Occorreva essere cauti, equilibrati nell'uso delle parole ed accorti nello scegliere gli argomenti da trattare; tutto questo era proprio quello che faceva un piccolo giornalista portoghese, di nome Pereira. La censura era sempre in agguato e la polizia sapeva essere molto “convincente” con chi si permetteva di scrivere contro Salazar e contro il suo regime.

Pereira era un piccolo giornalista di un giovane giornale, il “Lisboa”, e ne dirigeva la pagina culturale, che curava da solo, senza alcun collaboratore. Si limitava a scrivere ricorrenze su scrittori deceduti o a tradurre racconti francesi di scrittori dell'800. Un giornalista pacato, che non voleva rogne né andava a cercarsele, senza veri amici, senza donne. Qualcosa però nella sua vita cambia: assume un collaboratore giovane, appena laureato, un rivoluzionario, un sovversivo; dapprima vorrebbe staccarsene, ma non ci riesce, Pereira scopre in sé l'istinto di doverlo aiutare, sente che è la cosa giusta da fare.

Il piccolo giornalista diventa una grande storia, una storia in cui un uomo qualsiasi decide di voler cambiare le cose, capisce di averne i mezzi e non si tira indietro; capisce che un uomo di mezza età può ancora cambiare, può ancora vivere senza dover rimanere ancorato ad una vita passata, una vita che non tornerà mai più.

Antonio Tabucchi si ispira alla vita di un vero giornalista vissuto in Portogallo e poi fuggito in Francia prima dello scoppio della guerra, gli dà il nome “Pereira” e ne racconta la storia, perchè è una storia importante da raccontare, una storia che ancora oggi può scuotere gli animi di chi pensa che il singolo non possa più incidere, che le cose non possano cambiare. Il coraggio del giornalista sta tutto in un gesto, in una parola, nel suo nome, messo nero su bianco per denunciare i crimini di un regime che per troppo tempo aveva agito nascosto dall'ignoranza e dall'indifferenza del popolo: “[...]andò a capo e sotto, a destra, mise il suo nome: Pereira.”

Scritto da: Andrea Gaetani

domenica 3 ottobre 2010

Beata incoscienza - Paolo Mosca - Sperling & Kupfer


Beata incoscienza – Paolo Mosca – Sperling & Kupfer

A volte si ha bisogno di leggere per svagare la mente,e,comunque leggendo un libro non impegnativo si impara e si tiene attivo il cervello.
Paolo Mosca giornalista direttore di innumerevoli testate autore del libro "Beata Incoscienza" rivaluta questa affermazione,questo modo di dire "quasi un rimprovero".
Una volta le persone anziane lo dicevano guardando la gioventu'.
Ora questa "beata incoscienza"si è tramutata in voglia di vivere,di sentirsi pieni di entusiasmo e a volte un po' "scavezzacollo".
L'autore senza impegno ci porta nel quotidiano raccontando e facendoci capire che,se vogliamo nella vita possiamo farci aiutare dalla "BEATA INCOSCIENZA" con tutte le conseguenze del caso.
Ma,a volte un pizzico di sale ci vuole!
Libro svelto,facile da leggere, rilassante,adatto a sonni tranquilli.

Scritto da: VN52

venerdì 1 ottobre 2010

Le città invisibili - di Italo Calvino – Romanzo fantastico

 

"Penso d'aver scritto qualcosa come un ultimo poema d'amore alle città,nel momento in cui le_citta_invisibili_italo_calvinodiventa sempre più difficile viverle come città."

Così scrive Italo Calvino nel suo “Le città invisibili”, uno dei suoi scritti più riusciti.

Il libro è costituito da una serie di relazioni di viaggio che un immaginario Marco Polo fa a Kublai Kan,l'imperatore dei Mongoli discendente da Gengis Kan.
Marco Polo espone al lettore, in una sorta di rivisitazione de “Il Milione”, i suoi racconti, brevi e densi di significato, sulle città che ha visitato, nei quali le parole sono scelte con cura, soppesate dall'autore, che le combina creando un' atmosfera leggiadra e assolutamente affascinante.
E' inutile per me dilungarmi su una recensione "tradizionale" su questo libro:è un libro da vivere,un viaggio fantastico che ti trasporta tra le città più impensabili e disparate, dalle metropoli affollate e grigie alle città sospese nel cielo,le città sottili.
Il lettore spicca il volo durante la lettura e plana su ognuna delle città,immaginando tutto ciò che Calvino descrive.Il volo però è un volo basso,perchè è impossibile non cogliere i riferimenti alle moderne città che Calvino cela o palesa(in modo straordinario)in ogni racconto.Non sono viaggi fantasiosi fini a sè stessi, l'autore esprime con essi la sua critica verso le “non-città” moderne. Calvino però non ha voluto profetizzare catastrofi o apocalissi, vuole solo mostrare la parte invisibile di ogni città, costituita dalla memoria, dai desideri, dai simboli che ognuna di queste cela sotto le sue "tende architettoniche".

Oltre alle immagini descritte dal narratore ci sono nel romanzo degli intermezzi ad ogni inizio capitolo, in cui Calvino trascrive delle immaginarie discussioni tra il suo Marco Polo e Kublai Kan.

Il vero pensiero dell'autore e la filosofia dell'intero libro è racchiusa proprio in questi dialoghi, dove Marco Polo riflette sui suoi viaggi, sulle scene a cui ha assistito e, con lo scopo di riportare al Gran Kan quale sia la situazione del suo impero, gli presta i suoi occhi per far vedere al grande imperatore quanto sia vasto e frastagliato il regno da lui governato. Il palazzo sfarzoso diventa quindi un luogo di proiezione, dove l' imperatore assiste al “film” delle sue città, magnificamente raccontato dalle parole di Calvino, celato dietro al personaggio dell'esploratore italiano.

Scritto da: Andrea Gaetani

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